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L’arte di Albrecht Dürer: una strada per la conoscenza alchemica

Nella persona di Albrecht Dürer si mescolano molte misteriose sfaccettature che conferiscono all’artista quel fascino perennemente in bilico tra genio e follia. Nato a Norimberga il 21 maggio 1471, Dürer può essere considerato un grande esponente della pittura tedesca rinascimentale. Supremo maestro della tecnica dell’incisione l’artista, durante il suo soggiorno a Venezia, venne a contatto con gli ambienti neoplatonici che lo spinsero verso una ricerca completamente proiettata all’esplorazione dei regni dell’occultismo e dell’ermetismo. Una strada i cui variegati sentieri si snodano tra i volti, i colori e i soggetti della sua arte. Nelle opere di Dürer sono infatti celati molti dettagli dalle forti valenze simboliche ed esoteriche.



Nel suo celebre autoritratto (dipinto nel 1500) l’artista si raffigura in una posa che ricorda quella di Cristo. Quando Dürer eseguì questo dipinto la sua fama da incisore aveva già raggiunto buona parte dell’Europa. A ventotto anni, secondo i canoni dell’epoca, aveva appena oltrepassato la soglia dell’età ritenuta virile. Lo sguardo austero e solenne, la posa, i capelli lunghi e la barba fanno sì che all'osservatore venga in mente, in maniera quasi inevitabile, i dipinti del medioevo raffiguranti Cristo. Per realizzare questo Dürer si ispirò al passo della Genesi nel quale viene detto che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza ma, specialmente, riprese il concetto dei neoplatonici fiorentini secondo il quale tale principio era applicabile oltre che all'apparenza esteriore, anche nelle attitudini artistiche dell’individuo. Il cartiglio che Dürer inserisce nell'autoritratto recita “Io Albrecht Dürer di Norimberga, all'età di ventotto anni, con colori appropriati ho creato me stesso a mia immagine". Notare il termine “creare” e non dipingere. È come se, attraverso la sua dote, l’artista si sia reso partecipe della capacità creazionista di Dio. Dürer era appassionato di matematica e, come Leonardo da Vinci, era ossessionato dallo studio della quadratura del cerchio, in stretta relazione con il noto numero dalle valenze simboliche Pi greco. La firma di questo quadro è molto particolare. Innanzitutto è posta, in maniera inusuale, in altro a sinistra e le iniziali AE sono composte in modo che compongano un Pi greco. Nella concezione esoterica il Pi greco simboleggia il passaggio dall'armonia del cerchio, i cui punti sono tutti equidistanti dal centro, al quaternario simbolo delle 4 dimensioni spazio-temporali.


IL SIMBOLISMO ERMETICO DELLA MELANCOLIA



Una delle opere di Dürer che più è in relazione con i suoi studi ermetici ed occultistici è sicuramente la Melancolia. Questo quadro è l’apoteosi del suo pensiero esoterico e dimostra quanto l’artista abbia fatto dell’occultismo un’opera d’arte. L’allegoria fa parte di un trittico dedicato alle tre vie che portano alla conoscenza.

Questa incisione raffigura la sfera intellettuale dominata dall'energia di Saturno che, secondo l’astrologia, rappresenta la ricerca introspettiva, il tempo, la saggezza ponendosi come punto di interazione tra il mondo razionale della scienza e quello immaginativo dell’arte. Tutta l’opera è disseminata di simboli alchemici. Il personaggio principale è un angelo che, in atteggiamento di riflessione, si sorregge il capo con la mano sinistra mentre nella destra tiene un compasso, strumento utile oltre che per misurare gli spazi tra finito e infinito. Le lunghe vesti, che ricoprono completamente le parti anatomiche dell’angelo, hanno uno stile baroccheggiante. La figura è seduta su un Athanor, il forno degli alchimisti. Dal lato destro spunta un mazzo di chiavi, indispensabili per aprire la porta dell’ignoto che porta alla conoscenza. È come se questa figura fosse immortalata in un momento di blocco creativo, di stasi spirituale e artistica; da qui il suo umore melanconico. Non per nulla il titolo dell’opera è sorretto da un pipistrello, simbolo della notte e degli abissi più oscuri dell’anima. La cometa sullo sfondo, che si orienta da nord-ovest a sud-est, probabilmente rappresenta il corpo celeste che davvero fu visibile tra il 1513 e il 1514, anno della realizzazione dell’opera. A quei tempi la visione di una cometa suscitava sentimenti e paure contrastanti in quanto spesso era considerata di cattivo presagio. Pipistrello e stella cometa sono tuttavia raffigurati sotto un grande arcobaleno che simboleggia invece la speranza di superare il presente stato di abbattimento. Il paesaggio marino sullo sfondo, probabilmente l’Adriatico, lascia intravedere la città di Venezia, crocevia di sperimentazioni artistiche e scientifiche. Sulla testa dell’angelo, attaccato al muro, campeggia il quadrato magico di Giove la cui somma dei numeri opposti all'angolo dà 17. Nella credenza rinascimentale si credeva che questo quadrato combattesse la malinconia di origine saturniana. L’ultima fila di numeri stanno ad indicare la data della realizzazione dell’opera (1514) e i numeri 1 e 4 corrispondo alle iniziali dell’artista. Non è da trascurare il fatto che in quell'anno morì la madre di Dürer. Possibile che questo avvenimento abbia condizionato così tanto la mente dell’artista da portarlo a realizzare un’opera in cui esprimeva a pieno il suo dolore? Il tetraedro troncato e la sfera rappresentano la base matematica dell’arte del costruire. La clessidra, simbolo di Saturno, simboleggia invece l’inesorabile scorrere del tempo. Un bambino paffuto, assiso su una ruota, simbolo del continuo divenire, è intento a colorare una tavoletta. La corrispondenza alchemica dell’intera opera sembra alludere alla prima fase necessaria alla realizzazione della pietra filosofale chiamata Nigredo, o Opus Nigra che si sta verificando nell'ampolla messa sul fuoco visibile sulla sinistra della grande pietra. A livello di alchimia degli elementi era il momento in cui le sostanze nell'ampolla andavano in putrefazione e prendevano il colore nero. A livello di alchimia spirituale e trasformativa questa fase simboleggia “la notte dell’anima”, il momento in cui si prende atto delle proprie debolezze, sentimenti impuri e tossici per la mente che si devono far morire per poi rinascere a nuova consapevolezza. Questo processo è molto lento e doloroso in quanto ci si ritrova a fare i conti con la propria parte più oscura. Occorre un’attenta osservazione di sé condotta dall'alchimista giorno dopo giorno. Un’osservazione distaccata, scevra da giudizi e soprattutto dal rifiuto di molti degli aspetti del proprio carattere che vengono alla luce in questa fase. I sentimenti, le emozioni e gli stati d’animo che emergono e sui quali è necessario apportare l’esercizio di osservazione distaccata sono la depressione, l’angoscia, l’ansia, la solitudine, il trauma e l’inadeguatezza. L’osservazione neutrale che l’alchimista applica a tutte queste manifestazioni della sua personalità fa sì che queste perdano progressivamente potere su di lui. È come se questi stati d’animo divenissero entità a sé stanti distaccate che, prive della persona che le tiene in vita, sono destinate a morire. Facendo riferimento al pensiero rinascimentale, la Nigredo corrisponde a uno dei quattro umori che determinano i temperamenti dell’uomo: la Malinconia o “Umor Nero”. Questo stadio dell’anima è la caratteristica fondamentale dell’uomo così detto “Saturnino”, cioè melanconico. La scala sta a simboleggiare l’ascesa dai fondali più oscuri dell’anima verso la luce e la rinascita. Identifica quindi la connessione al divino.


LA GRANDE BESTIA DELL'APOCALISSE



Oltre all'alchimia un altro interesse che fu sempre vivo in Albrecht Dürer fu lo studio dell’Apocalisse. Nel 1498 portò a termine in maniera egregia un progetto davvero ambizioso: l’illustrazione attraverso xilografia dei capitoli del libro della Rivelazione. Mai prima di allora le visioni di San Giovanni vennero descritte in maniera più drammatica e comunicativa. Le figure nere su sfondo bianco, la dovizia nei particolari, i personaggi mostruosi conferiscono alle xilografie un fascino perfetto ad accompagnare iconograficamente il testo più enigmatico e inquietante del cristianesimo. In questo dettaglio vediamo il mostro marino e la bestia con il corno dell’agnello.


Nel tredicesimo capitolo dell’Apocalisse si legge:


“E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, e sulle corna dieci diademi e sulle teste nomi di bestemmia. 2 E la bestia che io vidi era simile a un leopardo, i suoi piedi erano come quelli dell'orso e la sua bocca come quella del leone; e il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e grande autorità. 3 E vidi una delle sue teste come ferita a morte; ma la sua piaga mortale fu sanata, e tutta la terra si meravigliò dietro alla bestia. E adorarono il dragone che aveva dato l'autorità alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia, e chi può combattere con lei?». E le fu data una bocca che proferiva cose grandi e bestemmie; e le fu data potestà di operare per quarantadue mesi. Essa aperse la sua bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo. E le fu dato di far guerra ai santi e di vincerli; e le fu dato autorità sopra ogni tribú, lingua e nazione. E l'adoreranno tutti gli abitanti della terra, i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dell'Agnello, che è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo”. (Apocalisse 13 -1:8)


Chissà se Dürer, durante un’esistenza nella quale studiò a fondo l’alchimia, riuscì a carpirne i segreti riuscendo a raggiungere una conoscenza in grado di elevare a uno stadio superiore dell’anima. La cosa certa è che morì a Norimberga nel 1528 consegnando alla storia dell’arte opere dal simbolismo profondo e dallo stile impeccabile.


Andrea Pellegrino

storico dell'arte, giornalista

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