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Immagine del redattoreDott. Angelo Cospito

Alla ricerca della nostra vera natura


Dott. Angelo Cospito


( 4^ conferenza )


La Via del Respiro ( parte 2 ): alla Ricerca della propria Vera Natura.


Cosa significa in occidente ricercare la nostra vera natura?


In occidente abbiamo ancora difficoltà a mostrare le nostre emozioni:

a volte ci mostriamo irritabili o aggressivi, nascondendo paura e tristezza per evitare di sentirci svalutati e giudicati dal mondo esterno.

Anche l’espressione dei sentimenti di amore e di tenerezza è svalutata, compatibilmente all’immagine di ruolo maschile tradizionale oppure della donna tradizionale , imposta dalla famiglia e dalla società. Per questo gli uomini, attraverso l’ “ ingiunzione “ genitoriale, di “ non essere intimo”, evitano di mostrare la propria vulnerabilità, senza rendersi conto, che così facendo bloccano la possibilità di stabilire una relazione di coppia in cui possono esserci “ fiducia e condivisione” intima. Così“ l’ingiunzione”femminile “ non essere libera”, mostra prevaricazione e limitazione..

Naturalmente questi “copioni” sono limitanti sia per gli uomini quanto per le donne, poiché impediscono lo sviluppo integrale del potenziale personale.



La ricerca reale della “ propria vera natura” è di non tralasciare mai lo specchio del cuore:

all ‘ origine il cuore dell’uomo era sereno, vuoto e luminoso, come uno specchio di cielo puro.


Il desiderio, le passioni, la conoscenza discorsiva, hanno perturbato, ostruito e appannato questa limpidezza, vuota e calma.

Per ristabilire la pace del regno interiore e ritrovare lo splendore della pura luce è importante fare il vuoto e conservare la quiete ( zhi xu shou jing), ovvero “lucidare lo specchio offuscato per restituirgli la chiarezza originale”.

“Un monaco buddista della scuola Chan ( Zen) ha detto:


il corpo deve somigliare ad un tiglio.

Il cuore deve somigliare ad uno specchio lucente.

In ogni momento lo si lucida piano piano

Per non lasciare che la polvere si depositi.”


Appena un elemento iniziava a offuscare il suo spazio interiore, lo spazzava via di colpo, affinché il proprio cuore potesse in ogni momento riflettere il mondo esterno.


La filosofia taoista ci raccomanda di non appesantire il cuore, perché un cuore ingombro di sentimenti e di passioni è un cuore tormentato e questo suo stato è molto dannoso per la salute.

Non permetter mai alla polvere di depositarsi, il cuore non deve avere un minimo di polvere ….ma da dove viene questa polvere cangiante di pensieri, emozioni e soprattutto sentimenti?



Viviamo in un’epoca moderna, dove la comunicazione e i media non sono mai stati così sviluppati, “potenti e ad alto rendimento”; l’immagine dell’uomo moderno rispecchia quella di un “ contesto dinamico “, seduto dietro alla sua scrivania dove pc e apparati digitali rappresentano gli accessori del potere di comunicazione con il mondo intero, disponibili in qualsiasi istante. Ma il quadro in realtà non è così idilliaco come l’apparenza vuol farci credere: questa comunicazione spesso è vuota ed illusoria. Questi accessori in realtà sono escrescenze, delle protesi, che compensano la nostra capacità di essere e di comunicare realmente e che ci permettono di barare un po’ di più… o di trascendere la nostra paura nell’altro.

Il nostro sistema attuale di vita, l’onnipresenza e la sovranità assoluta dei media, la trappola del materialismo, l’accelerazione costante della nostra quotidianità, ci hanno a poco a poco condotto a confondere Vita ed esistenza…..vita e agitazione, vita e frenesia, ma per fare cosa?

Per risvegliarsi un giorno ad una qualsiasi età, malati o depressi e constatare tristemente di aver camminato a fianco di se stessi, di aver camminato a fianco della vita ?

Solo la morte e la malattia ci riconducono, d’obbligo e per forza di cose, a noi stessi: in quell’istante il nostro smarrimento è grande. Chi è l’uomo che ci ritroviamo tristemente a scoprire nello specchio, che significato ha questo corpo che ci fa del male? Chi è l’essere quasi sconosciuto che dimora in questo letto ?

Eppure è il nostro primo interlocutore, colui con il quale non abbiamo mai parlato veramente, neppure ci siamo presi la briga di conoscere, ovvero noi stessi!

Questa scoperta diviene talmente intollerabile da farci chiedere al nostro medico di darci qualcosa che faccia tacere le nostre sofferenze, per le quali non deve esserci posto nella nostra vita. Eppure, se solo sapessimo!



L’” albero del risveglio” non ha bisogno di essere ricercato, è sempre con noi nella crescita eterna del presente; se lo si considera il cuore dell’ esistenza nella sua essenza, tutto è vuoto come uno specchio, senza la foglia d’argento; negli intervalli tra gli ISTANTI…non c’è niente.



Da dove può venire questa polvere cangiante di pensieri, di emozioni e di sentimenti ?


Le dita non lasciano più tracce della nostra esistenza sul presente, tutto riflette la pura luminosità ed è vano cercare di rendere limpido, ciò che già lo è.

Senza dubbio, per poter esprimere tali intuizioni, Laozi, ero giunto ad un alto grado di perfezione.

Quando ci si avvia sul sentiero che porta alla radice del RISVEGLIO e si procede coscientemente in questa via, poco a poco …ci si rende conto che i molteplici aspetti del mondo, si attenuano, come le loro attrattive…. Il cuore non va mai riempito, deve essere sempre tenuto in vuoto, come si legge nel Cap VIII del Limg Shu…per permettere a nuova acqua di fluire, e mantenere sempre le pause del cuore libere.

Allora il cuore non è più turbato.

Ed entra nella Grande QUIETE:



Nei suoi tre brevi scritti, Laozi ha solamente esposto dei principi, delle formule in apparenza enigmatiche, paradossali, che permettono di avanzare su questa grande via di ritorno cosciente.

Ha esposto delle conclusioni, ma non si preoccupava né del cammino, né dei metodi concreti, né delle tecniche di pratica. Ha lasciato a ciascuno il compito di:


“Svolgere il proprio percorso con il passo appropriato”,


così


“ogni cosa portata al suo estremo, conosce un cambiamento”,


non si può far nulla contro questa inflazione dell’azione, è una legge costante, che si ripete sempre nello stesso modo.

Perciò quando si coglie l’insieme del Tao, il cammino, si conoscono anche tutte le sue manifestazioni nel reale.


Allora si vive nel mondo, un po’ come un “nuotatore”, si diceva:

“ conoscerà la natura dell’acqua” ( shi shixing).

Il nuotatore sa avanzare tra le onde scatenate, seguendo i movimenti della natura dell’acqua.


“ Nuotare “

evoca semplicemente una tecnica , mentre qui si tratta di un’identificazione con l’elemento. Un buon nuotatore sembra apparentemente come tutti gli altri in acqua, ma le sue evoluzioni sono diverse:


“fonde il corpo con l’elemento di cui ha colto la struttura intima e costante”.


Nella cultura occidentale, l’acqua è associata all’idea della vita, nelle sue varie forme e in particolare, alla nascita e alla rinascita; anche al sostentamento della vita e alla morte, diviene simbolo di iniziazione alla vita. L’acqua è presente in vari rituali di purificazione e iniziazione, diviene simbolo di morte, le acque del mare all’orizzonte, che paiono inghiottire il sole al tramonto, l’immagine del sole che si immerge nell’acqua e all’orizzonte del tramonto scompare, è spesso connessa con il mondo immaginario dei morti.


Psicologicamente l’acqua significa l’inconscio, per citare Jung :

“L’acqua in tutte le sue forme – in quanto mare, fiume, lago, canale, ruscello..…ecc- rappresenta una delle tipizzazioni più ricorrenti dell’inconscio, così come essa è anche la femminilità lunare che è l’aspetto più intimamente connesso con l’acqua”

Carl Gustav Jung.




Come dice Lieh Tzu la felicità e le sventure, come la vita e la morte, vengono da sé, senza alcun controllo e direttiva da parte nostra o dai un qualche essere supremo.

Una volta ammesso questo, perché preoccuparci di cose su cui non abbiamo nessun potere? Perché cercare di prevedere quello che può succedere o mettersi in ansia che siano successe? L’ unica cosa su cui abbiamo controllo è:


“ il modo in cui vi Reagiamo”.


Questa è già in sé una pratica molto profonda e completa, tanto che ci possono volere molti anni prima di realizzarla.


Non è per i deboli di cuore.


Lieh Tzu vive nel nostro mondo.

Parla di esperienze che noi possiamo capire,

parla della vita e della morte,

della buona e della cattiva sorte,

di guadagni e perdite,

di cose in cui siamo coinvolti,

di problemi che vorremmo risolvere,

nella nostra stessa vita.

Parla della forte corsa per la ricchezza e la fama,

dei rischi in cui si incorre per avere un riconoscimento sociale.

Disprezza la pressione dell’opinione comune,

la varia rincorsa della fama

e della ricchezza

Parla di amicizia,

della comunicazione tra uomini,

di sogni,

di realtà,

e di dottrina.

Parla di cose di cui noi non osiamo parlare, ma quando lo ascoltiamo,

ecco che sorridiamo, o ridiamo, o annuiamo.


Il Risveglio dell’ignoranza non è rude, ma gentile:

è come se qualcuno ci scuotesse delicatamente e ci risvegliasse da un lungo sonno.


È l’eterno vagabondo che prende le cose tranquillamente come vengono, profondendo energia, quando è necessario,

ma restando sempre interiormente CALMO.

Quando le cose vanno bene, se le gode pienamente,

ma piuttosto alla maniera di qualcuno affascinato da un’inaspettata visione,

una primula in un bosco, per esempio, che allora l’ammira estasiato per un po’,

senza il minimo desiderio di impossessarsene o attaccarvisi, e poi se ne va per i fatti suoi.

Quando accade una disgrazia, l’accetta senza dolersene,

sapendo bene che, ci sono gli alti e i bassi,

che non c’è estate senza inverno,

non c’è crescita senza decadenza;

inoltre, è straordinariamente lesto a scoprire il bello in ciò che appare tetro, e a trovare soddisfazioni, in ciò che agli altri sembrano inevitabilmente sciagure.


CONCLUSIONI


ACCETTAZIONE: per cambiare abbiamo bisogno di accettare come siamo. Nonostante la nostra storia non cambi, noi cambiamo nella misura in cui ci accettiamo, ciò significa non cadere in un mediocre conformismo, ma si tratta di una comprensione senza giudizi, delle nostre questioni irrisolte.

Cosa significa Accettazione ?

Mi sono accorto di non conoscere il significato pieno di questo termine …accettazione non significa assolvere, né essere d’accordo . Non significa neanche colludere o rinunciare a lottare dove utile e necessario.

È giusto fare le battaglie fuori e dentro di noi per cambiare le cose fuori e

dentro di noi, consapevolmente di come stanno le cose e consci di sapere che le cose non dipendono solo da noi, molto accade a prescindere da noi stessi, così come dobbiamo accettare i nostri limiti , tendenze, caratteristiche , possibilità.

Accettare sta nel non condannare gli altri smettendo di assolvere gli altri e noi stessi, dobbiamo restare nella posizione del NON GIUDIZIO, né favorevole, né sfavorevole.

È una posizione neutra , è oltre.

Perdonare, noi e gli altri, non significa approvarli, essere d’accordo con gli altrui modi e comportamenti, significa prenderne semplicemente atto e liberarsi dal fardello dell’attaccamento e dell’avversione che ci tengono avvinghiati.

Se accettiamo le risposte verranno da sole.

L’accettazione apre uno spazio, è un punto illuminato dalla luce.

L’avversione, il contrario dell’accettazione, è un buco nero.

In tal modo la relazione che abbiamo stabilito da bambini con i nostri genitori, inconsciamente, rimane introiettata attraverso i nostri pensieri e sentimenti ,

Così il conflitto con la figura genitoriale si ritorce contro il proprio sé , esattamente come lo percepiamo attraverso i dialoghi interni dei nostri sati dell’ IO.


Il cambiamento avviene attraverso l’accettazione, in questo modo trova soddisfazione il bisogno infantile di accettazione da parte dell’altro che altro non è se non lo stesso bisogno di individuazione, agito dalla posizione di un bambino ribelle.

Se non ci accettiamo non possiamo accettare l’altro, se non ci amiamo non riconosciamo il nostro valore, ci disprezziamo proiettiamo i nostri vissuti sull’altro.


Se siamo scollegati dai nostri sentimenti e dai nostri pensieri, difficilmente potremo stabilire un contatto con l’altro ed entrare in relazione in modo empatico.

È necessario sanare la relazione con noi stessi, insieme alle nostre relazioni interpersonali, e quando viviamo lontano dalla nostra famiglia, o i nostri genitori sono deceduti, attraverso i nostri stati dell’Io e attraverso la relazione con noi stessi continuiamo a mantenere queste relazioni, a volte distruttive, attraverso il dialogo interno, è come se ci fossimo traferiti in un altro paese o stato, con l’illusione dell’autonomia, e senza rendercene conto ci portiamo dietro l’intera famiglia conflittuale nella valigia.






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